Attacchi di panico

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Attacchi di panico 2017-06-29T16:10:07+00:00
Attacchi di Panico

Attacchi di Panico

Dottoressa! Sono disperata. Non riesco più ad uscire di casa, se non accompagnata, non ce la faccio ad incontrare le persone e, se mi capita di dovermi intrattenere con loro, non riesco a sostenere una conversazione, a guardarle negli occhi, perché mi si appanna la vista e mi gira la testa. Prendere l’aereo mi spaventa e l’ultima volta che l’ho fatto ho passato tutto il tempo a pensare che i miei figli, durante la mia assenza, potevano morire.”
E’ solo uno stralcio di una lunga e accorata confessione di una giovane donna che combatte con questa sorta di mostro tentacolare che da qualche anno si impadronisce di lei, la ghermisce all’improvviso, facendole perdere il controllo del suo corpo e dei suoi pensieri: gli attacchi di panico.
“E’ come se mi si fosse bruciato il cervello”, aggiunge, “è come se succedesse un corto circuito neuronale”.
Quello descritto sommariamente, ma che rende bene l’idea di ciò che accade, viene chiamato “attacco di panico” e sta ad indicare un’ansia, spesso di breve durata, che raggiunge livelli parossisistici slittando verso un’angoscia insostenibile, senza senso, che fa sprofondare, chi la prova, in abissi dai quali si teme di non riuscire a riemergere.

Chi ne è colpito perde la padronanza della propria esistenza, regredisce a livello di un bambino bisognoso sempre di qualcuno per svolgere anche i compiti quotidiani più semplici. Arriva in consultazione quasi sempre accompagnato da qualcuno che riveste il ruolo di una figura di riferimento verso cui si nutre fiducia e dalla quale si dipende quasi interamente, costretti, in questo modo, a cadenzare i propri ritmi di vita in funzione delle disponibilità dell’altro.
L’attacco di panico è di solito di breve durata ma i suoi sintomi: tachicardia, sudorazione, cefalea, disturbi alla vista, senso di soffocamento, tremore, vertigini sono talmente spaventosi da spingere, chi ne è colpito, a mettere a punto ed adottare delle strategie di evitamento di quei luoghi, quelle persone, quegli eventi che li hanno scatenati, nel timore che possano ripresentarsi.
La vita di questi soggetti si impoverisce e si svolge negli unici luoghi considerati sicuri, tra questi, la loro casa rimane quello preferito dai più, mentre gli spazi esterni, i luoghi affollati, vengono vissuti come fonti di potenziali pericoli.

I farmaci, soprattutto gli antidepressivi e gli ansiolitici che, in genere, chi viene in consultazione già assume, aiutano a superare le crisi, a risolvere gli attacchi di panico, ma, da soli, non rappresentano la cura.
L’approccio psicodinamico, mettendo in relazione la coscienza e l’inconscio, crea uno spazio per l’ascolto del sintomo e permette di capire ciò che accade, ma anche a diventare o ridiventare padrone di quella vita sottratta da questa sorta di ladro che è l’attacco di panico.
E’ necessario favorire l’apertura a quelle emozioni, soprattutto l’aggressività, ma non solo questa, che il paziente non si è mai potuto permettere di vivere in quanto non c’è stata una figura capace di accoglierle, restituendogliele come digeribili, funzionando così da regolatore di quegli stati d’animo che rischiano di sommergere un Io troppo fragile.
Questo disturbo colpisce spesso le persone che sono state adultizzate troppo precocemente e che hanno acquisito una autonomia utile soprattutto, per esempio, a genitori occupati con il lavoro o, anche se liberi, incapaci di farsi carico emotivamente dei loro figli in quanto loro stessi deprivati per le loro particolari storie di vita o perchè sono assorbiti da eventi luttuosi o da preoccupazioni di vario genere.

Il bambino, futuro adulto, allora, per compiacere le aspettative dei suoi genitori, per non farli preoccupare, in quanto per lui è importante che loro stiano bene perché da loro dipende, si mostra presto autonomo e in grado di badare a se stesso e diventa a volte temerario, sprezzante del pericolo e capace di affrontare da solo situazioni anche estreme, mostrando un coraggio al limite dell’eroismo.
La loro fragilità non può essere evidenziata e crescono, così, come giganti dai piedi di argilla, pronti a crollare dopo essersi fatti carico di situazioni più grandi di loro e l’occasione può essere anche banale o drammatica come una malattia, la morte di una persona cara, una difficoltà imprevista che fa crollare quel senso di onnipotenza che li aveva sorretti fino al momento della rottura del precedente equilibrio. L’aspirazione è quella di tornare a funzionare come prima che accadesse i primi attacchi di panico.
Il segnale che proviene da questo sintomo rivela una necessità di aprirsi al cambiamento, affrontare una trasformazione non più differibile, una morte, che non coincide con quella concreta da loro temuta al momento dell’attacco, ma che è piuttosto simbolica, un morire allo stato attuale,basato su  uno sviluppo unilaterale della personalità, per affrontare un passaggio. Inserendo quelle tessere mancanti il mosaico che ne risulterà sarà in grado di trasmettere un senso di unitarietà contro il precedente paesaggio caratterizzato dalla frammentarietà.