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Depressione 2017-06-29T16:11:11+00:00

depressione

Dottoressa non mi alzerei mai dal letto la mattina. I bambini li deve accompagnare a scuola mia moglie, perché io non sono più in grado di farlo. Non mi interessa più niente, sono solo concentrato su quanto mi è accaduto un paio di anni fa quando, improvvisamente, mi hanno dovuto operare per un problema al cuore.”
Sono le parole di un paziente cinquantenne che ha visto cambiare totalmente la sua modalità di stare al mondo da quando da “uomo sempre sano che amava andare a cavallo” si è dovuto confrontare con un evento imprevisto – una malattia – che ha scatenato in lui uno stato depressivo, una depressione di tipo reattivo, ha immobilizzato lo slancio vitale, in un modo che non aveva mai conosciuto prima, ha sconvolto la sua quotidianità, compromesso i suoi impegni lavorativi  e relegato sullo sfondo le sue passioni.
La depressione o malinconia rientra nei cosiddetti disturbi affettivi e viene definita unipolare o monopolare se si presenta da sola o, se in abbinamento con la mania, i pazienti che ne vengono  colpiti vengono definiti bipolari o maniaco-depressivi. L’alternanza di fasi depressive e fasi maniacali, di durata più o meno lunga, tra le quali si possono inserire periodi di benessere e di apparente totale remissione del disturbo, viene anche chiamata ciclotimia. Karl Jaspers fa rientrare le affezioni maniaco-depressive nelle grandi psicosi insieme all’epilessia genuina e alla schizofrenia nelle sue forme ebefrenica, catatonica, paranoide. La collocazione di questi disturbi nella nosografia varia, comunque,  a seconda degli autori e dei momenti storici.

Si suole distinguere anche una depressione endogena, riconducibile a cause interne, che prescindono quindi da eventi esterni, da una depressione reattiva che si palesa in seguito a lutti o perdite, reali o simboliche, e che, se contenuta nella durata, è considerata del tutto normale, mentre diventa patologica quando si protrae troppo a lungo.
Negli stati depressivi si modifica la coscienza del tempo, conseguentemente, il presente e la realtà scompaiono, il futuro diventa evanescente e la sensazione prevalente è quella di un tempo fermo, che non scorre, si è immersi in un vuoto in cui il tempo è assente. Allora diventa difficile prendere delle decisioni perché questo richiederebbe permettersi di affacciarsi sull’avvenire, nutrire speranze, mentre è come se – sono le parole di una paziente – “ un elastico mi tirasse ogni volta indietro,  mi riportasse verso il passato che incombe e schiaccia come un macigno.”
Niente scorre, tutto assume un carattere definitivo, diventa immodificabile, l’accesso al divenire, alla dinamica che caratterizza i processi vitali, è precluso. In questi convincimenti possono radicarsi i deliri di impoverimento, il delirio di colpa, la paura del presente – sempre la stessa paziente mi dice – “dottoressa siamo troppi al mondo, tutti questi stranieri che si incontrano per strada o che affollano i servizi dove lavoro, mi spaventano. Ho paura di essere licenziata.” Viene alimentato un pensiero coatto proprio per questa impossibilità di dischiudersi al futuro, per il ristagno dell’energia vitale.

distesa ghiaccioIl vuoto si accompagna al sentimento di essere privi di sentimento, indifferenti sia di fronte ad avvenimenti lieti sia a quelli dolorosi fino, nei casi più seri, all’apatia caratterizzata da una assenza di passioni, di affetti, di interessi ed emozioni e all’abulia che indebolisce la volontà e rende difficili le decisioni da prendere o  iniziare o portare avanti delle azioni.
Gli stati tristi prevalgono nella disposizione depressiva, mentre negli stati maniacali si nota una disposizione all’allegria, spesso immotivata.
Nella depressione si altera anche l’esperienza del corpo e la tristezza che permea questi stati si può localizzare in organi come lo stomaco, la gola, il torace, gli arti, l’addome.
I pazienti depressi sviluppano un sentimento di inutilità, incapacità, inettitudine, indecisione, accompagnato dalla sensazione di alterazioni della memoria, del pensiero, della comprensione. Anche le abitudini alimentari ne risentono traducendosi in un aumento smodato del mangiare fino ad una vera e propria bulimia, o nel rifiuto del cibo fino all’anoressia. Così i ritmi del sonno e della veglia possono essere interessati per cui si possono avere eccessi in un senso o nell’altro: ipersonnia o insonnia o risvegli frequenti durante il riposo.
I pazienti, soprattutto quando prevale la componente depressiva rispetto a quella maniacale, riferiscono di sentire come se fossero morti, congelati, pietrificati, desertificati. Nei loro sogni spesso compaiono spazi desolati, disabitati, deserti o coperti di ghiaccio. Il loro umore è cupo e, con Ippocrate, potremmo dire che sono i liquidi velenosi emessi dal corpo per un eccesso di bile nera che avvelenano il cervello. Tendono al pessimismo, si chiudono spesso nel silenzio e nell’immobilismo – è evidente il loro rallentamento psicomotorio quando prevale il polo depressivo – si fiacca la loro volontà e scema la perseveranza che impedisce di portare avanti qualsiasi progettualità.

Quadri puri – solo depressione o solo mania- sono più che altro raffigurazioni ideali. Nella realtà è più frequente incontrarli in combinazioni che assumono svariate forme e diversi contenuti.
Possono essere presenti, oltre alle caratteristiche già illustrate, altre alterazioni, come depersonalizzazione consistente nella difficoltà di percepirsi come presente nella vita quotidiana e nelle relazioni con gli altri – nell’attività onirica compaiono spesso sogni in cui il paziente è separato dagli altri da un muro o da una lastra di vetro – senso di estraneamento, irritabilità, o i tratti possono assumere una maggiore intensità e così l’inibizione può virare verso lo stupore, l’allegria con fuga di idee prendere la forma di un eccitamento maniacale confuso. Si possono anche evidenziare stereotipie, consistenti in movimenti o comportamenti che si ripetono in modo automatico, movimenti particolari del corpo, sensazioni corporee che conducono a idee deliranti ipocondriache, angoscia che si tenta di alleviare con il movimento inarrestabile, o con l’impulso a parlare in modo ripetitivo.
La mania pura è caratterizzata da una immotivata e traboccante allegria e euforia, fuga delle idee e delle facoltà associative. Tutte le pulsioni istintive, di conseguenza, risultano esaltate: dalla sessualità, all’impulso a muoversi, a parlare, ad agire, e si muovono lungo l’asse che va dalla vivacità all’eccitamento. Gli inizi di ogni attività risultano facilitati, ma frequenti sono le interruzioni e i viraggi rapidi verso altre nuove direzioni che interferiscono  in ciò che è stato intrapreso e distolgono il paziente dagli impegni presi, in questo modo l’incompiuto diventa quasi la regola nella vita di questi pazienti.
Il maniaco può risultare arguto e spiritoso, ma al contempo superficiale e confuso. Esibisce un ottimismo scoppiettante che pervade ogni cosa, minimizza le difficoltà e gli eventuali ostacoli che si potrebbero frapporre tra l’idea e la sua realizzazione.

La depressione pura si colloca esattamente all’altro polo, i suoi caratteri salienti sono un’infinita tristezza, mentre tutta l’attività psichica risulta fortemente inibita, così come le pulsioni istintive e i desideri. Ogni progetto è bloccato sul nascere, la mente sembra non poter accogliere nessun pensiero, la memoria vacilla, il rendimento diventa scadente. Su tutto cade un velo di grigiore, sono frequenti gli autorimproveri, i sensi di colpa, l’idea di essere inadeguato, la convinzione di non potercela fare ad affrontare il futuro. Su questo terreno è facile che attecchiscano i progetti suicidari e il desiderio di morte che spesso si traduce in atto concreto e che non risparmia, a volte, i familiari, che si pensa di sottrarli, così, alla difficoltà di vivere.
Il trattamento della depressione comprende un ventaglio di soluzioni possibili e non esclude l’utilizzo dei farmaci, anche se spesso i pazienti si rifiutano di assumerli, ma l’approccio psicodinamico ha dimostrato la sua efficacia anche nelle forme più gravi, oltre che in quelle che si collocano prevalentemente sul versante nevrotico.
Molti autori, in ambiti diversi, si sono soffermati a studiare le cause della depressione e hanno avanzato diverse ipotesi. L’approccio adottato da Jung si differenzia dagli altri in quanto, più che risalire alle cause, cercando le spiegazioni in modo deterministico, si interroga sullo scopo perseguito da questo disturbo, procede, quindi,  teleologicamente. Ciò che emerge, allora, ad un’analisi più approfondita, condotta secondo questo criterio, è un blocco dell’energia psichica che, soffocata e imprigionata, paralizza il paziente e le sue potenzialità creative. Il lavoro terapeutico consisterà, quindi, in una immersione nelle profondità della psiche, aiutati anche dal materiale che emerge dai sogni, per cercare di comprendere quali siano gli ostacoli che si frappongono alla liberazione di questa energia e quale la chiave che può aprire le porte della prigione in cui il paziente depresso è segregato. La crisalide, chiusa nel suo bozzolo, avrà  così la possibilità di dischiudere le sue ali e prendere il volo abbandonando quegli spazi angusti in cui era rinchiusa e, perdendo la pesantezza della condizione in cui era precedentemente immersa, potrà librarsi nell’aria riconquistando la libertà di movimento e la flessibilità del giunco che si piega quando arriva la piena e che si risolleva dopo il suo passaggio.