Il Disturbo Paranoide

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Il Disturbo Paranoide 2018-01-22T18:35:32+00:00

IL DISTURBO PARANOIDE

 

Ciò che risulta evidente, nelle personalità che presentano questo disturbo, è la non consapevolezza della propria ostilità; ritengono che i portatori di questa ostilità siano gli altri. Tipica è la visione di un mondo pregno, oltre che di ostilità, anche di pericoli e di minacce, da cui deriva la loro diffidenza. Non si fidano di nessuno, neanche delle persone più vicine. La sospettosità, che può spingersi fino a livelli quasi deliranti, si accompagna ad altri affetti tipici che si possono riscontrare: rabbia intensa e non adatta alla situazione, vergogna, paura, disprezzo, tendenza ad essere arroganti o moralistici, ad offendersi facilmente e a non dimenticare le critiche e le offese ricevute, reagiscono con rabbia e senso di umiliazione, e covano risentimenti e desideri di vendetta.

Tutte queste caratteristiche non vengono mai riconosciute come proprie e, per l’incapacità di riconoscere il contributo personale ai fallimenti che hanno conosciuti e ai propri difetti, tendono a dare le colpe sempre agli altri, a circostanze esterne avverse, facendo appello a diversi meccanismi di difesa.

Le difese consentono di allontanare gli affetti di base, sono orgogliosi di essere “razionali”, trasformandoli in qualcos’altro, perché questo è quello che, nel corso della loro esistenza, hanno appreso, confrontati a figure di accudimento incapaci di manifestare la loro affettività mentre disconfermavano la realtà che si trovavano a vivere. Sono persone che, invece di sperimentare la comprensione dei loro vissuti, si sono ritrovate, abbandonate a se stesse, a trattare con sentimenti di paura e vergogna e con una rabbia e un senso di colpa crescente e che sono destinate ad incontrare difficoltà nelle relazioni umane future improntate alla stessa anaffettività che hanno conosciuto.

Come si può dedurre da quanto esposto, tra i meccanismi di difesa che si palesano in questo disturbo c’è la proiezione, che comporta una perdita dell’esame di realtà più o meno ampia e che, nella scala gerarchica, dove lungo un continuum che procede, dai meccanismi di difesa più immaturi e psicologicamente primitivi, fino a quelli più maturi e con funzioni adattive, si colloca al gradino più basso: agli altri viene attribuito tutto ciò che non viene riconosciuto in se stessi.

Un altro meccanismo di difesa utilizzato frequentemente dai paranoici è la formazione reattiva caratterizzata dall’allontanare un desiderio o un impulso ritenuto inaccettabile, assumendo un comportamento esattamente opposto. Come accade quando si dimostra amore al posto dell’odio o in tutti quei casi in cui un affetto negativo viene convertito in uno positivo o viceversa. In questi casi ciò che non viene ammessa è l’ambivalenza, impoverendo e semplificando ciò che, in realtà, è complesso. Lo scopo è quello di tenere a bada la paura di perdere il controllo.

 Le persone paranoiche possono ricorrere anche ad un altro meccanismo di difesa: l’identificazione proiettiva. E’ ciò che accade quando aspetti propri, considerati inaccettabili, vengono negati e attribuiti a qualcun altro che ne diventa così il contenitore e finisce con l’identificarsi con ciò che su di lui viene proiettato, e col sentirsi e comportarsi come si aspetta chi ha compiuto la proiezione. In questo modo, il soggetto che compie la proiezione, coltiva la fantasia di poter esercitare un controllo su ciò che ha proiettato, liberandosi da contenuti temuti e insopportabili.

Un ulteriore meccanismo di difesa al quale fanno appello, è rappresentato dalla scissione. Ciò che viene scisso e proiettato sugli altri è la cattiveria.

Nei casi in cui l’ostilità è particolarmente accentuata predominano impulsività e difficoltà a gestire le proprie emozioni e a superare gli ostacoli che incontrano nella vita e tutto questo può sfociare nell’assunzione di comportamenti rischiosi.

A livello delle abilità sociali sono soggetti che si mostrano molto carenti, incapaci di cogliere le qualità positive degli altri, quindi incontrano notevoli difficoltà ad investire emotivamente nelle relazioni, a prendersi cura degli altri e mostrare una generosità gratuita. Non comprendono le motivazioni che spingono le persone a comportarsi in un determinato modo, non hanno relazioni o amicizie strette. Hanno la sensazione che nessuno li comprenda, di venire maltrattati, presi in giro, che gli altri vogliano approfittarsi di loro. Molto cauti nel rivelare qualcosa di sé agli altri, per paura che possa essere usato contro di loro. Tutto ciò li spinge verso un evitamento sociale.

In età matura sono soggetti nei quali, quando sono in coppia, si rileva una considerevole instabilità coniugale.

Le rappresentazioni degli altri sono, in genere, malevole e chi è affetto da questo disturbo è incapace di cogliere le diverse dimensioni e la complessità che da esse deriva.

Tutte le peculiarità prese in considerazione presentano un carattere rigido e resistente ad ogni cambiamento.

Sono pazienti il cui disturbo è di natura egosintonica e che, quindi, difficilmente cercano aiuto e sono piuttosto i familiari o i colleghi di lavoro che, esasperati dalle accuse infondate di cui sono fatti oggetto, li indirizzano alla terapia.

Se sono loro a scegliere, di loro propria volontà, di iniziare una terapia, negano di averne bisogno, sostenendo che sono gli altri che li sottopongono a maltrattamenti.

Sono sempre alla ricerca dell’altra faccia di una “verità” che non li convince. La realtà è sempre un’altra ed è quella da loro asserita, portando a sostegno quelle che considerano prove incontestabili e alla cui raccolta dedicano tempo ed energie, sfinendosi in questi tentativi di convincere anche gli altri della giustezza dei loro sospetti. Possono arrivare a rompere relazioni che durano da anni se solo vengono sfiorati dal sospetto di essere stati ingannati.

La loro rigidità impedisce a qualsiasi altra versione dei fatti di farsi strada. La realtà per loro assume un significato che gli altri spesso non condividono.

Le esperienze del paziente paranoide sono legate al momento e sono prive della durata del tempo per cui, la situazione che si trova a vivere in un determinato momento, offusca completamente ciò che fino ad allora, di positivo, ha vissuto.

Sono pazienti che presentano, contrariamente a quanto cercano di far credere mostrando una sconfinata e compensatoria grandiosità, sentimenti di inferiorità, una bassa stima di sé che li espone al temuto pericolo di poter essere umiliati, sottoposti al controllo di qualcun altro. E’ evidente, inoltre, una mancanza di umorismo.

Sottostante a questo disturbo sono contenuti depressivi e una rappresentazione di sé non unitaria, ma fatta di opposti.

Questo disturbo si colloca su diversi livelli di gravità, disposti lungo un continuum che spazia dal livello psicotico a quello nevrotico. Il grado di serietà è funzione di diversi fattori: la forza dell’Io, la capacità di effettuare un esame di realtà, le relazioni oggettuali che si stabiliscono.

Nel lavoro psicoterapeutico con pazienti paranoici ci si trova confrontati, a causa della loro diffidenza, alla difficoltà di creare un’alleanza terapeutica. Questa possibilità si presenterà molto tardi rispetto all’inizio del trattamento. E’ necessario sostare nello spazio dell’attesa e parlare al paziente della possibilità che il terapeuta venga fatto oggetto di sentimenti come ostilità e sospetto. Questo permette al paziente di non temere che si riattualizzino quei comportamenti punitivi conosciuti nel corso della sua esistenza, comunicandogli che si trova in un ambiente sicuro, dove anche i sentimenti negativi potranno trovare la loro espressione, senza rischiare rotture e, rassicurandolo sul fatto, che ogni essere umano è portatore di quegli aspetti che lui rinnega.

E’ necessario procedere con cautela nell’interpretazione sia dei contenuti consci, sia del materiale inconscio ed evitare di analizzare da subito le difese che servono a congelare gli affetti, e  che rischiano, altrimenti, di rafforzarsi. Uno degli strumenti che si è dimostrato efficace è il ricorso all’umorismo, inteso anche come capacità del terapeuta di fare autoironia.

Se si percepisce, però, che una battuta può averli offesi, occorre scusarsi. Alle loro domande è necessario rispondere senza indagare sul perché di quella domanda, in quanto un simile atteggiamento potrebbe mobilitare il sospetto e il timore di essere giudicato.

Accogliere quelli che il paziente vive come sentimenti negativi e, al contempo, porre l’attenzione a ciò che sta vivendo in quel momento e che ha scatenato il suo malessere e verbalizzare anche ciò che fatica a trovare un canale espressivo, avanzando ipotesi alternative.

Altrettanto importante è sia il rispetto della distanza, e quindi la necessità di evitare di avvicinarsi eccessivamente superando i confini del proprio ruolo, sia la coerenza che costituisce un elemento rassicurante per le persone paranoiche.